Samba Rossa

Breve radiografia di un Brasile spaccato in due

La tornata svoltasi nel è stata l’elezione più divisiva in Brasile dal ritorno della democrazia . Ignazio Lula da Silva ha vinto, ma con un margine molto margine ridotto, intorno all’1,5 per cento, che ha permesso all’opposizione conservatrice di lanciare accuse di brogli elettorali e alle frange più estreme di lanciare un assalto al palazzo presidenziale di Brasilia l’8 gennaio 2023. 

A prescindere dalle contestazioni, Lula inaugura la sua terza amministrazione, con compiti molti più improbi di quando è stato presidente per la prima volta  20 anni, dovendo affrontare enormi sfide economiche e sociali in una nazione profondamente polarizzata.  

In termini di politica estera probabilmente il Brasile, che con Bolsonaro aveva affinità con l’America trumpiana ma che con la nuova amministrazione aveva rapporti più difficili tornerà a dialogare con gli Stati Uniti, con l’Unione Europea, con la Cina e con altri paesi dell’ America Latina, giocando il ruolo di attore multilaterale in un contesto geopolitico in costante movimento.

La politica estera però rimane sullo sfondo di un mosaico interno ben più complesso e difficile da gestire.

Suddivisione geografica del volto elettorale al secondo turno

L’economia lulista in una coalizione frammentata

Lula arringa i suoi sostenitori nelle grandi metropoli del Sud del paese

La grande sfida per Lula sarà la politica economica perché per vincere ha dovuto assemblare una grande coalizione che spazia alla sinistra ambientalista ai liberali centristi. Ora dovrà cercare di creare una politica economica che possa essere accettata da tutto lo spettro politico e sarà una sfida creare le commissioni nelle camere legislative e negoziare con un Congresso dove ha una maggioranza precaria.   

Bolsonaro ha cercato di affrontare i  problemi economici del Brasile introducendo  riforme per ridurre il ruolo dello Stato nell’economia, ad esempio attraverso la riforma del sistema pensionistico.

La situazione è notevolmente peggiorata durante la pandemia, che ha portato indietro il paese, che già incontrava difficoltà economiche, di un decennio. È tornato l’incubo della fame, una tragedia che si pensava appartenesse al passato del Brasile e interi segmenti di popolazione si sono improvvisamente trovati in una situazione economica e sociale molto vulnerabile.

Ci sono milioni di persone che hanno votato Lula e si aspettano una rapida risposta, ma allo stesso tempo, la risposta economica espansiva per fronteggiare la pandemia unita al rialzo globale dei tassi di interesse, farà emergere i problemi fiscali dello stato verdeoro.

Occorrerà dunque gestire il difficile contrasto tra le enormi aspettative del popolo brasiliano e la sfida quotidiana della gestione del governo con una maggioranza poco coesa e risicata.

Nonostante il rimbalzo della crescita per quest’anno, la qualità della vita di molti brasiliani è diminuita. Nel 2022 l’inflazione ha superato il 10% e fra il 2012 e il 2021 l’economia è cresciuta in media solo dello 0,15% annuo, una stagnazione che rischia di diventare stagflazione.

Inoltre la posizione internazionale del Brasile probabilmente influenzerà natura e provenienza degli investimenti esteri, che sono una componente importante dello sviluppo in America Latina.

Tassi di crescita storici del Brasile - dopo la crisi del 2008 il paese ha ridotto costantemente la crescita

La rinascita del Cerrado

Mappa del Cerrado in verde scuro

Il Brasile però è un continente diversificato. In alcune zone il quadro è molto più roseo. Dalla sua nascita il Brasile è stato una nazione costiera, dove le città e gli Stati di Rio de Janeiro e San Paolo dominavano, mentre il suo vasto interno era trascurato economicamente e relegato all’irrilevanza politica.

Il grande sviluppo dell’agro-business sta rivoluzionando gli equilibri interni del colosso oroverde: gli Stati del cuore del Paese, come il Goiás, Mato Grosso do Sul, Mato Grosso, Tocantins, Minas Gerais, sono ora in piena espansione. Questo Brasile rurale alimenta una fetta crescente della popolazione mondiale e dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino, è diventato il più importante produttore di cibo al mondo.

Nell’ultimo decennio, l’agroindustria è cresciuta fino a rappresentare il 27% del PIL. L’area conosciuta come Cerrado, la vasta regione della savana tropicale preamazzonica, ricca di biodiversità, negli ultimi 50 anni è stata radicalmente trasformata dalla meccanizzazione agricola.

Se i suoi terreni acidi sono stati trasformati fra i più produttivi al mondo, l’aumento dei disboscamenti per  favorire le colture e gli allevamenti ha allarmato gli ecologisti sia in patria che all’estero.

In queste aree, il granaio del Brasile, Bolsonaro resta un’icona. La differenza tra Bolsonaro e gli altri candidati è che non si è rivolto a  quella platea solo chiedendone i voti o assecondandone le richieste politiche, ma ha adottato lo stile culturale della “frontiera” brasiliana.

L’essenza del “cerrado” è la versione sudamericana del Far West, al suono di una musica country locale chiamata sertanejo che parla di sforzi e sofferenza alla frontiera, camicie a quadri e stivali da cowboy.

Gli abitanti di queste regioni considerano Bolsonaro uno di loro, tanto che partecipa spesso agli eventi che celebrano la cultura locale ed è accolto trionfalmente.

Bolsonaro festeggia nel cerrado con i costumi tipici
Le esportazioni agroalimentari di soia, zucchero, mais, caffè e carni costituiscono una quota dominante delle esportazioni brasiliane

La frontiera non è solo folklore, ma la rinascita economica e culturale degli stati agroalimentari ha  stimolato un boom edilizio, che ha portato negli ultimi 40 anni a raddoppiare la popolazione della capitale dello Stato, Goiania, facendola diventare una metropoli tentacolare di 1,5 milioni di abitanti.

Stati come il Goiás o il Mato Grosso sono uno dei motivi per cui gli investimenti diretti esteri sono saliti a quasi 40 miliardi di dollari nei primi cinque mesi di quest’anno, il più grande afflusso dal 2011.

Per questo motivo i legislatori federali che rappresentano le regioni agricole sono tra i più stretti alleati del presidente. Il sostegno a Bolsonaro non si limita alla bolla agroalimentare. I sondaggi pre-elettorali avevano indicato un risultato agevole per Lula, al ritorno da un lungo periodo di interdizione politica, ma si sono sbagliati sia nel primo turno che nel secondo, mentre il consenso per Bolsonaro è andato sotto traccia.

L’onda montante degli evangelici

Il motivo è che i sondaggisti tradizionali non sono riusciti a catturare il sostegno di Bolsonaro, che si si è organizzato attraverso  gruppi WhatsApp e altri social media, mentre era assente dai canali politici ordinari come i giornali o le radio, tendenzialmente sfavorevoli al presidente in carica.

Bolsonaro rappresenta anche i valori religiosi dei cattolici conservatori e degli evangelici che temono l’intervento della sinistra sui temi etici legati alle prescrizioni religiose come l’omosessualità o l’aborto.  Molti brasiliani condividono i suoi valori conservatori e fanno eco alla sua fede in Dio e nella famiglia.

È il Brasile profondo del cristianesimo evangelico, una religione venuta dall’America che sta esplodendo in popolarità e di conseguenza in influenza politica, destinata a superare i cattolici entro la fine di questo decennio. Sebbene Bolsonaro sia ufficialmente cattolico, la moglie è una nota esponente del mondo evangelico e lui nel 2016 è stato battezzato da un pastore evangelico.

Bolsonaro si fa battezzare da un ministro evangelico

La conquista del voto di questa comunità è stata una carta vincente per Bolsonaro, come peraltro lo fu per Donald Trump negli Stati Uniti. 10 o 15 anni fa la percentuale si aggirava intorno al 18-20% e oggi si aggirano attorno al 30%, ma in crescita rapidissima.

Il segreto di Bolsonaro è stato aver la capacità di organizzare queste sensibilità in un movimento politico, che non era mai accaduto prima, nemmeno di ispirazione conservatrice. D’altronde, i sondaggi rivelano che più della metà della popolazione è contraria all’aborto e alla legalizzazione delle droghe, quindi in realtà Bolsonaro è in assonanza con lo spirito profondo del paese.

Altri segmenti della popolazione come i camionisti, i militari o gli iconici bikers, sono sensibili alla sua storia personale e al suo messaggio securitario e libertario, sintomo di  un diffuso conservatore che ormai non si concentra solo nella borghesia italo-brasiliana di Rio e San Paolo, ma abbraccia tutto il paese.

Il Lula dei poveri

Al contrario di Bolsonaro, Lula ha una biografia adatta a risuonare negli strati più modesti della popolazione. È nato in una regione molto povera del Brasile, è immigrato a  San Paolo per lavorare nell’industria automobilistica, grazie al movimento sindacale è diventato presidente per due mandati, tra il 2003 e il 2010. In seguito è stato coinvolto nello scandalo Lava Jato, o scandalo di corruzione dell’autolavaggio, e ha scontato una pena in carcere. Le sue condanne sono state poi annullate dalla Corte Suprema, mentre altri casi penali sono stati archiviati o sono scaduti per decorrenza dei termini.

Durante la campagna elettorale, Lula è riuscito a entrare in contatto con milioni di elettori che cercavano un cambiamento rispetto agli anni di Bolsonaro, ma  soprattutto ha mantenuto la base storica della sinistra brasiliana, nelle regioni più povere del Paese e in molte grandi città costiere.

Nonostante la disoccupazione sia scesa al 9% a fine 2022, l’aumento dell’inflazione ha portato molti brasiliani a tornare ad affidarsi ai sussidi governativi, introdotti da Lula, durante i suoi primi mandati.

Mappa del reddito medio per stato brasiliano - le regioni più povere hanno votato per Lula

Il 30% della popolazione vive con meno di 95 dollari al mese e 10 milioni di brasiliani in più sono caduti in povertà dal 2019. La ricchezza è prevalentemente nelle mani delle nuove élite e questo incide sulla rappresentatività delle minoranze, che si è rivolta a Lula in cerca di una voce per le proprie istanze.

Il Brasile è destinato a un percorso travagliato. Le parti nella commedia si sono invertite: ora mentre l’interno parla di progresso e sviluppo, la costa deve fare i conti con la povertà e la profonda disuguaglianza, ma in uno scenario in cui la polarizzazione culturale è diventata polarizzazione politica.

Lula dovrà guidare non uno, ma più Brasile.

La voce di Menerva

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