La prima crisi di Taiwan

La storia degli anni in cui lo Stretto si allargò

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La prima crisi di Taiwan come guerra civile

La prima crisi di Taiwan si potrebbe considerare l’atto finale della guerra civile cinese ufficialmente terminata nel 1949 con la conquista della Cina meridionale da parte di Mao Zedong.

I comunisti cinesi trionfare sulla terraferma, mentre il partito nazionalista, il Koumintang, guidato da Chiang Kai Shek, fu costretto a ritirarsi sull’isola di Taiwan.

Cionostante sia la Repubblica Popolare Cinese, che la Repubblica di Cina, ROC, che sostenevano di essere gli unici leader legittimi della Cina.

Sebbene la Repubblica popolare fosse immensamente più potente e popolosa, la ROC aveva mantenuto un primato diplomatico internazionale, in quanto è rimasta la Cina più riconosciuta a livello mondiale, detenendo il seggio permanente della Cina nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con il suo fondamentale diritto di veto.

La Repubblica popolare in quel momento era riconosciuta come la Cina legittima solo dai paesi del blocco comunista del mondo e quindi due fazioni politiche, incarnate in due paesi, che pretendevano la sovranità sullo stesso territorio si sono trovate l’una contro l’altra attraverso lo Stretto di Taiwan.

La USS Hornet si è unita alla 7ª Flotta mobile nel Mar Cinese Meridionale per cercare i sopravvissuti di un aereo passeggeri della Cathay Pacific Airways, abbattuto da aerei cinesi vicino all'isola di Hainan. Gli aerei della Hornet hanno abbattuto due caccia cinesi durante la crisi del 1954.

L’istituzione della Repubblica Popolare Cinese sulla terraferma non fu necessariamente vista come una vittoria completa per Mao e i comunisti, dato che il KMT era riuscito ad effettuare la ritirata strategica a Taiwan.

Peraltro buona parte del territorio, dalle province occidentali, al Tibet, al Sichuan, fino all’isola di Hainan fu preso solo nella fase residuale della guerra nel 1950, che di fatto era ancora in corso.

Mao voleva sconfiggere Chiang Kai Shek una volta per tutte visto che ancora permanevano importanti sacche di guerriglia filo-nazionalista e Chiang Kai Shek sognava ancora di poter tornare sulla terraferma: una impresa che con l’aiuto degli Stati Uniti, pensava fattibile.

Chiang non aveva fatto i conti con l’Amministrazione americana di Harry Truman, che era riluttante a coinvolgere gli Stati Uniti, anche perché era ampiamente considerata una causa persa.

Se Truman restava una anticomunista, la corruzione e del malgoverno del KMT, uno dei motivi per cui i comunisti riuscirono ad ottenere un vasto sostegno popolare soprattutto sulla terraferma, rendevano la difesa del regime autoritario del Partito nazionalista una missione poco appetibile, arrivando ad affermare nel gennaio del 1950 che gli Stati Uniti si sarebbero astenuti dall’intervenire in caso di ulteriore conflitto tra Pechino e Taipei.

La guerra fredda in Asia

Erano gli anni in cui la cortina di ferro scendeva sull’Europa orientale e tutte le attenzioni dell’amministrazione erano rivolte al teatro di scontro con l’Unione Sovietica, dunque la politica americana in Asia era una priorità minore agli occhi dei decisori di Washington.

Lo scenario cambiò di colpo con lo scoppio della guerra di Corea. Improvvisamente, lo scenario mutò e apparve chiara l’importanza strategica di Taiwan, come scudo per le basi statunitensi in Giappone e nelle Filippine.

Se l’isola fosse stata presa dai comunisti, avrebbe lasciato esposte quelle basi avanzate nel Pacificio, da cui poteva controllare i movimenti della flotta sovietica ormeggiata a Vladivostok.

Nel giugno del 1950, Truman ordinò alla Settima Flotta degli Stati Uniti, da poco spostata da Qingdao, in Cina, a Subic Bay nelle Filippine, di attraversare nello Stretto di Taiwan per scongiurare eventuali tentativi della Repubblica Popolare di attaccare Taiwan, dichiarando una “neutralizzazione” dello Stretto, che fu poi suggellata dal Trattato di pace con il Giappone del 1951 (il precedente reggitore coloniale dell’isola)

L'attacco alla Corea rende evidente, al di là di ogni dubbio, che il comunismo è andato oltre l'uso della sovversione per conquistare nazioni indipendenti e ora userà l'invasione armata e la guerra. Ha sfidato gli ordini del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite emanati per preservare la pace e la sicurezza internazionale. In queste circostanze, l'occupazione di Formosa da parte delle forze comuniste costituirebbe una minaccia diretta alla sicurezza dell'area del Pacifico e alle forze statunitensi che svolgono le loro funzioni legittime e necessarie in quell'area. Di conseguenza, ho ordinato alla 7ª Flotta di impedire qualsiasi attacco a Formosa. Come corollario di questa azione, chiedo al governo cinese di Formosa di cessare tutte le operazioni aeree e marittime contro la terraferma. La 7ª Flotta farà in modo che ciò avvenga. La determinazione del futuro status di Formosa deve attendere il ripristino della sicurezza nel Pacifico, un accordo di pace con il Giappone o l'esame da parte delle Nazioni Unite.

Il Presidente visita Taiwan nel 1960 salutato dai cittadini durante una parata

Come conseguenza di ciò e della pressione dell’opinione pubblica, Stati Uniti, anche sotto la guida di un riluttante Harry Truman, iniziarono ad aumentare il loro sostegno a Chiang Kai Shek. Furono erogati prestiti e sovvenzioni, nonché garantita assistenza nella riorganizzazione dell’esercito e nell’attuazione delle riforme governative.

La salita alla presidenza di Dwight D. Eisenhower  “Ike” nel 1953 vide un deciso aumento del sostegno americano alla Repubblica di Cina. Ike ribaltò la posizione neutrale di Truman nei confronti di Taiwan e diede avvio a un cambio di rotta chiamato lo “scatenamento di Chiang Kai Shek”.

In effetti, documenti recentemente declassificati confermano che l’amministrazione Eisenhower fornì attivamente grandi quantità di aiuti sia militari, per un corrispettivo di 940 milioni di dollari, che finanziari attorno ai 527 milioni di dollari, in modo da rafforzare le sue forze armate e sostenere la sua economia.

Lo scatenamento di Chiang

Chiang, sconfitto in terra, manteneva una flotta superiore a quella della Cina comunista e manteneva la cosiddetta politica “guanbi” (閉港政策), un blocco aereonavale permenente su tutta la costa continentale, per bloccare il traffico diretto nella Repubblica popolare, arrivando addirittura all’assalto dei navigli stranieri in acque internazionali. 

Una parte del sostegno militare americano era destinato al rafforzamento della prima linea difensiva sulle isole controllate dai nazionalisti, tra cui le isole Penghu, al centro dello Stretto di Taiwan, e le isole Kinman e Matsu, che si trovano appena al largo della costa sud-orientale della terraferma, vicino alla città di Xiamen.

Chiang Kai Shek, non solo voleva proteggersi, ma stava cercando la sua occasione di ribaltare gli esiti della guerra civile, con una spettacolare invasione della terraferma. Per avere qualche speranza, doveva convincere gli Stati Uniti che attraverso una combinazione di ulteriore addestramento delle forze del KMT e, soprattutto, un massiccio dispiegamento di truppe statunitensi,  questa operazione sarebbe potuto avvenire con successo.

Era altresì convinto che il principale alleato della Cina comunista, l’Unione Sovietica, si sarebbe astenuta dal coinvolgimento nella prima crisi di Taiwan.

Il motivo per cui riteneva plausibile questa posizione dei sovietici, era il vuoto di potere temporaneo a Mosca, dato che una figura carismatica e accentratrice come Stalin era appena morto e non era ancora emerso un leader che potesse prendere le redini dell’blocco comunista. Così, nell’agosto del 1954, i nazionalisti avevano dislocato circa 73.000 uomini sulle isole di Matsu e Kinmen, in allerta per un assalto dalla costa in mano al Partito comunista cinese, che stava organizzando un comando tattico orientale.

In contemporanea la scacchiera geopolitica si sta evolvendo perché proprio in quei frangenti si stavano pianificando i dettagli dell’Organizzazione del Trattato del Sud-Est Asiatico (SEATO), un accordo di mutua difesa simile alla NATO euratlantica formato da Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Nuova Zelanda, Pakistan, Filippine, Thailandia e Australia. La missione della SEATO era di contrastare l’ulteriore espansione del comunismo nella regione e, naturalmente, la Repubblica Popolare Cinese era in massima allerta.

"Non dimenticare che sei in Jǔ" - una roccia nell'isola di Quemoy con la calligrafia di Chiang Kai-shek a significare la riconquista della patria

Pechino attacca per prima

Anticipando le mosse occidentali, cinque giorni prima della firma del trattato, l’Esercito popolare di liberazione iniziò a bombardare pesantemente Matsu e Kinmen, segnando l’inizio di quella che è passata alla storia come la prima crisi dello Stretto di Taiwan.

L’obiettivo era portare Taiwan sotto il controllo di Pechino, prima che potesse essere attivata la SEATO e soprattutto per dare una risposta all’idea di una ulteriore compagine militare, la proposta Organizzazione del Trattato del Nord-Est Asiatico o NEATO, una alleanza con analoghe funzioni che sarebbe stata potenzialmente composta da Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud e Repubblica di Cina a Taiwan.

Assorbiti negli intrecci diplomatici, gli americani furono relativamente colti di sorpresa dall’attacco alle isole Matsu e Kinmen, ma si sono comunque astenuti dall’intervenire, dato che l’impegno a proteggere Taiwan era circoscritto all’isola stessa di Taiwan e alle isole Penghu o Pescadores, ma non alle isole al di là della costa cinese, perché temevano la possibilità di scatenare una guerra sia Repubblica popolare che con l’Unione Sovietica per dei territori di scarsa importanza strategica e pressoché indifendibili.

Pochi mesi dopo, nel novembre del 1954, la Repubblica popolare iniziò a bombardare anche l’isola di Dachen, a nord di Taiwan, appena al largo della città di Taizhou. Questo attacco più in profondità ebbe l’effetto di rafforzare il lavoro su un nuovo accordo di mutua di difesa reciproca fra gli USA e Taiwan.

Rimaneva aperta la questione della portata di questo accordo. Chiang Kai Shek voleva la protezione americana su tutto il territorio taiwanese, comprese le isole al largo, mentre gli Stati Uniti volevano limitare l’ombrello militare solo a Taiwan e alle isole Penghu.

Chiang Kai Shek, temendo che la perdita delle isole non solo avrebbe danneggiato il morale dell’Esercito Rivoluzionario Nazionale, ma che così i suoi sogni di riconquista della terraferma a parte dalle isole costiere sarebbero stati infranti, rimase fermo nei suoi desiderata. Alla fine si trovò un compromesso e il 1° dicembre 1954 Washington e Taipei firmarono una dichiarazione congiunta sul trattato di mutua difesa.

 
 

 

 

Collocazione delle isole Matsu fra la Repubblica popolare e Taiwan

L'inizio dell'ambiguità strategica americana

Scogliere delle isole Luoshan, dirimpetto al capoluogo di Fuzhou. Le protezioni naturali rendono difficile assaltare questi arcipelaghi

Gli americani ribadirono il loro impegno a proteggere Taiwan e le isole Penghu, ma si lasciarono un margine di flessibilità sulle isole costiere: l’intervento militare poteva essere applicato in base al reciproco accordo tra le due parti. In questo modo Chiang Kai Shek ottenne un relativo grado di protezione, lasciando al contempo agli Stati Uniti mani libere per non partecipare a un conflitto se avessero ritenuto la situazione sfavorevole. Erano i prodromi della politica di ambiguità strategica che caratterizzò l’impegno americano nella regione.

La Repubblica popolare reagì al trattato, intensificando il bombardamento delle isole al largo. All’inizio del 1955, fu lanciato un assalto contro le isole Yijiang, appena a nord delle isole Taizhou e proseguirono i bombardamenti sulle isole Kinmen e Matsu.

La risposta degli Stati Uniti fu la Risoluzione di Formosa, approvata dal Senato americano e firmata in legge il 29 gennaio 1955. La Risoluzione autorizzava il Presidente degli Stati Uniti “di impiegare le Forze Armate degli Stati Uniti come ritiene necessario per lo scopo specifico di assicurare e proteggere Formosa e il Pescadores da attacchi armati”, implicitamente, da parte dei comunisti.

 
 

 

 

La nuova amministrazione Eisenhower minacciò anche l’uso di armi nucleari contro la Repubblica popolare se i loro attacchi si fossero ulteriormente intensificati. L’idea era stata caldeggiata, già nel settembre del 1954, dall’ufficio del Presidente dallo Stato Maggiore degli Stati Uniti.

Il timore di una rappresaglia sovietica cresceva in Europa e i  partner europei della NATO, per bocca di Churchill, ammonirono sulle conseguenza dell’uso di una testata atomica.

Con l’isola di Yijiang ormai sotto il controllo della RPC, Pechino rivolse la sua attenzione all’isola di Dachen, ma mentre Taipei voleva salvare l’isola, gli Stati Uniti rimasero scettici sulla sua importanza strategica e consigliarono vivamente a Chiang Kai Shek di evacuarla e di concentrare le difese su altre aree.

Un Ilyushin IL-10 di produzione sovietica in dotazione all'aeronautica dell'Esercito di liberazione popolare. Furono il principale caccia d'attacco impiegato nelle operazioni aeree nelle isole Dacheng e Matsu.

La crisi si allevia

Leaders dei paesi non allineati alla Conferenza di Bandung

Per Chiang si trattò di una scelta difficile da prendere, che peraltro contraddiceva il consiglio precedente degli americani di fortificare e presidiare l’isola. Alla fine si decise: anche se temeva l’impatto che la rinuncia alle isole avrebbe avuto sul morale delle forze armate, temeva ancor di più la perdita del sostegno americano e l’isola fu evacuata.

Non molto tempo dopo, il premier della Repubblica Popolare Cinese, Zhou Enlai, rilasciò una dichiarazione distensiva in cui affermava che la Repubblica Popolare Cinese sarebbe stata disposta a riportare Taiwan sotto il controllo  di Pechino con mezzi pacifici e non solo con la conquista militare.

A metà aprile del 1955, alla Conferenza di Bandung, la prima conferenza del forum dei nazioni “neutrali”, prevalentemente africane e asiatiche, Zhou propose un cessate il fuoco. In occasione di ulteriori colloqui tra le due Cine, gli Stati Uniti insistettero sulla promessa della Repubblica popolare di non usare più la forza contro Taiwan, che però Pechino non era disposta a fare.

 
 

 

 

Questa riluttanza derivava dal fatto che i comunisti ritenevano che la situazione con Taiwan come una prosecuzione della guerra civile, ovvero una questione interna, non riconoscendo Taiwan come nazione indipendente e vedevano questa situazione come un’ingerenza di una potenza straniera.

Nel corso di questi stessi colloqui, gli Stati Uniti dichiararono disposti a riconoscere ufficialmente entrambe le Cine, un riconoscimento che però nessuna delle due Cine voleva, poiché avrebbe legittimato l’esistenza dell’altra. Così, anche se fu stabilito un cessate il fuoco e l’imminente crisi si sia attenuata, le ragioni sottostanti alla crisi rimasero sul tavolo.

Una delle conseguenze della prima crisi di Taiwan fu che in risposta alle minacce americane sull’utilizzo di armi nucleari, la Repubblica popolare iniziò a sua volta il suo programma di ricerca e sviluppo dell’atomica.

Immagine satellitare del sito di sperimentazione 4 giorni dopo il primo test della bomba atomica cinese
La voce di Menerva

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