L’energia dimenticata: l’idroelettrico italiano

Potenzialità, rischi, limiti e prospettive

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La produzione di energia idroelettrica in Italia

Quando si parla di transizione energetica, c’è una fonte di energia dimenticata: l’idroelettrico. La prima centrale idroelettrica in Italia fu inaugurata nel lontano 1895 a Paderno d’Adda.

Dall’inizio del XX secolo ad oggi, la morfologia montuosa del territorio italiano e le capacità dell’industria hanno consentito all’Italia di divenire un pioniere della trasformazione della forza cinetica dell’acqua in energia.

Secondo i dati del 2023 di TERNA sulle fonti rinnovabili in Italia sono attivi 4.824 bacini idrici, per 21.708 MWh prodotti.

Le pendenze sulla catena alpina fanno sì che nelle regioni settentrionali si concentri la maggior parte degli impianti. Il Piemonte detiene il primato con 1.080 impianti, seguita da Lombardia e Trentino Alto Adige, mentre in Puglia ne sono presenti solamente 10.

La quantità di centrali non corrisponde sempre alla potenza generata, le regioni dove l’idroelettrico la fa da padrone infatti sono Lombardia con 5.694 MW e il Trentino Alto Adige, mentre in Piemonte c’è stato un boom di mini-idroelettrico.  

Nel centro-sud le centrali sono poche, ma non irrilevanti. In Abruzzo a fronte di soli 78 impianti vengono prodotti 1.268 MW di potenza, quasi quanto il Veneto e più della Valle d’Aosta, a significare che le dimensioni unitarie di ogni impianto sono maggiori.

 

Produzione di energia in Italia. La quota di idroelettrico ha raggiunto la maturazione negli anni '60 ed è rimasta costante ma rappresenta oltre il 40% dellla generazione di elettricità da fonti rinnovabili

Menerva ha chiesto un quadro strategico a Stefano Aggravi, ex Assessore alle Attività produttive della Regione Val d’Aosta, leader nella produzione idroelettrica per abitante.

Aggravi è anche autore del volume “Le prospettive future per il settore idroelettrico: Il gigante dimenticato tra le rinnovabili e l’asset strategico per la sicurezza energetica italiana ed europea”?

Menerva: Buongiorno Stefano, sembra che fra tutte le fonti della transizione energetica, dal solare al geotermico, l’idroelettrico sembra quasi dimenticato. 

Allora potremmo dire, cominciamo dalla sorgente, quali sono le prospettive e le principali sfide del settore idroelettrico in Italia?

Aggravi: Il settore idroelettrico italiano al momento si trova a dover affrontare due grandi questioni: il quadro normativo in materia di concessioni di grande derivazione idroelettrica fortemente dipendente dal livello europeo e la necessità di rinnovare, potenziare, i grandi impianti la cui età (in alcuni casi) sta raggiungendo il secolo. 

Per non dimenticare il ginepraio di questioni legate al medio e piccolo idroelettrico tra quadro normativo e limitazioni di sviluppo, così come la gestione integrata di tutto il ciclo dell’acqua dalla fonte all’utilizzo, non soltanto per la produzione di energia. Il rischio è dimenticarsi dell’acqua nell’ambito di quel grande processo di trasformazione industriale che è la transizione energetica.

 

Prospettive, norme e interesse nazionale

Menerva: Ci pare di capire che anche questo settore è soffocato dagli usuali bizantinismi burocratici. E dunque, riprendendo il titolo del libro, quali sono le prospettive future per il settore idroelettrico italiano, considerando questo quadro normativo?

Aggravi: L’Italia ha fatto la scelta più realista del re che si potesse fare portando la normativa nella direzione delle gare per il rinnovo delle grandi concessioni. Una posizione che un liberista come me dovrebbe sposare appieno, ma che dall’analisi che ho modestamente cercato di condurre pone alcune questioni. 

La prima: gli impianti idroelettrici possono considerarsi realmente “contenibili” senza alcun rischio? La seconda: la pura contesa non potrebbe determinare l’arrivo di realtà al di fuori delle logiche di mercato in cui l’azionista principale (e anche poco nascosto) è in realtà uno Stato-imprenditore che vuole predare e crearsi posizioni nell’ambito dell’economia del concorrente (vedi Russia e Cina). 

Terzo: la concorrenza non può essere legata più all’idea progettuale e di potenziamento dell’impianto che riveste comunque un interesse strategico in chiave energetica? Questo ultimo punto è quello più importante direi.

Diga di Vodo di Cadore
La diga di Vodo di Cadore. Sui rilievi veneti sono presenti 405 impianti
Le regioni con massima produzione sono sull'arco alpino fra Piemonte e Veneto (Fonte: Terna 2023)

Menerva:  All’estero in effetti, come in Francia, l’idroelettrico è frequentemente in mano a un concessionario unico per tutelare l’interesse nazionale. Quali sono le misure che possono essere adottate per rilanciare e salvaguardare il grande idroelettrico italiano?

Aggravi: Lato rilancio non è certo possibile oggi pensare di recuperare il tanto tempo perduto, soprattutto per quel che riguarda l’industria dell’idroelettrico, ma credo che nel favorire rewamping e combine con altre rinnovabili, con il nucleare (nel libro parlo dei reattori SMR) ad esempio per produrre idrogeno nelle ore convenienti del giorno rappresenti il futuro del nostro idroelettrico (come di quello europeo). 

Lato salvaguardia ho più volte citato il c.d. “Piano Colao” dove le concessioni di infrastrutture strategiche, quali sono ad esempio le nostre dighe o invasi, necessitino di un altra prospettiva rispetto alle gare tout court (e il discorso si può ampliare anche altre altre realtà strategiche del paese).

Crescita e sinergie con altre rinnovabili

Menerva: Nonostante le difficoltà, i dati TERNA segnalano che il numero di impianti allacciati alla rete resta in crescita: nel 2023 sono operative 4.824 centrali mentre una decina di anni fa nel 2009, erano meno della metà solo 2.249.

Quindi, nell’ottica della transizione energetica, si potrebbe incentivare ulteriormente l’utilizzo dell’energia idroelettrica in Italia?

Aggravi: Direi che le politiche di revamping e di potenziamento degli impianti esistenti, così come, ripeto, il connubio con altre fonti energetiche rappresenti il futuro di questa tecnologia molto matura e consolidata. Le dighe sono utilizzate già oggi nell’ambito del programma di riaccensione del sistema elettrico nazionale, funzionano come delle grandi batterie, usiamole e combiniamole tra utilizzi civili (e.g. agricoltura) e industriali (e.g. energia).

Menerva: Dighe come grandi batterie, il grande tallone d’Achille delle rinnovabili, l’accumulo di energia durante i periodi di grande consumo e il suo rilascio. Quali sono i vantaggi economici e ambientali dell’energia idroelettrica rispetto ad altre fonti di energia rinnovabile?

Aggravi: Un patrimonio di investimenti ormai ammortizzato dal tempo e quindi economicamente vantaggioso perché l’investimento di oggi parte da zero (concessioni permettendo). Una tecnologia conosciuta e matura, ma proprio per questa meno dipendente da tante materie rare vero cruccio strategico delle rinnovabili. Un rilancio dell’idroelettrico può portare anche ad un uso più consapevole ed efficiente del ciclo delle acque che oggi è messo a rischio dalla siccità e dalle precipitazioni concentrate e forti in poco tempo.

Energia_Elettrica_1924_-_Centrale_Corenno_Plinio
La centrale elettrica di Corenno Plinio nel 1924. In Italia oltre il 70% degli impianti idroelettrici in Italia ha più di 40 anni

Le grandi centrali oltre i 1000 MW

mappa italia idroelettrico

Centrale elettrica Luigi Einaudi

Potenza: 1065 MW

Centrale di Edolo

Potenza: 1000 MW

Centrale idroelettrica di Presenzano

Potenza: 1000 MW

Menerva: Un intreccio interessante fra agricoltura ed industria attraverso l’energia idroelettrica. Quali altre sinergie possono essere sviluppate tra l’idroelettrico italiano e altre fonti di energia rinnovabile?

Aggravi: Lo accennavo prima, i grandi e medi invasi sono come delle grandi batterie. Perché non sfruttare il meccanismo che fu messo in piedi nell’ambito del programma elettronucleare italiano ovvero il pompaggio delle acque in fase notturna, con costo dell’energia minore, e successiva turbinazione il giorno dopo così da sfruttare il differenziale di costo-rendimento? 

Questo meccanismo si potrebbe ripresentare domani con l’utilizzo di reattori SMR. Allo stesso modo la combine con le altre rinnovabili potrebbe portare alla generazione di idrogeno, vettore utile al suo utilizzo successivo per altri utilizzi (soluzione che risolverebbe anche l’annosa questione dello stoccaggio dell’energia, vero tallone d’Achille delle rinnovabili).

Menerva: Quali sono le tecnologie emergenti nel settore idroelettrico e come potrebbero essere integrate in Italia?

Aggravi: L’idroelettrico è una tecnologia matura e ben conosciuta. Sicuramente la ricerca si sta concentrando sulle possibili combine con altre fonti di energia rinnovabile, così come sul rendere i pompaggi più efficienti e performanti (il Giappone sta facendo molto in tal senso). Ma la forza dell’idroelettrico sta proprio in questo: la bassa dipendenza dalle materie rare. 

Limiti allo sviluppo e quadro internazionale

Menerva: Sembra che sia una tecnologia con grandi vantaggi e pochi rischi. Allora quali sono gli ostacoli più significativi che impediscono lo sviluppo del settore idroelettrico in Italia, dopo che è stata uno dei paesi pionieri a livello mondiale?

Aggravi: La paura, basti ricordare il Vajont, e il consumo di suolo che oggi non è più tollerato dall’opinione pubblica. Ma si può fare qualcosa su lato dei piccoli e medi invasi. Certo è che il rinnovo o la concessione di una nuova autorizzazione deve esserlo per un periodo congruo considerati gli investimenti proporzionalmente sicuramente più onerosi di un tempo. Un’altra fonte di dubbio, più che di ostacolo, è la mania per le altre rinnovabili, solare e eolico, la cui resa finale è però nettamente minore di quella dell’idroelettrico.

Menerva: Menerva vuole offrire un piccolo contributo per delineare un piano strategico: visto che uno degli ostacoli principali è l’aspetto legislativo, come potrebbe essere migliorato il quadro normativo per agevolare l’investimento nel settore idroelettrico italiano?

Aggravi: Come ho cercato di rappresentare nella mia analisi e come ho già detto, la traccia scritta nel c.d. “Piano Colao” con la possibilità di rinegoziare a livello europeo la normativa in materia di gare sarebbe fondamentale soprattutto per i grandi invasi, in alternativa ponendo a gara non tanto la concessione tout court bensì i programmi di gestione, sviluppo e potenziamento dell’impianto su cui incombe la gara. 

Solo così si può collegare la necessità di resa per il pubblico (canoni di derivazione) con l’utile strategico complessivo. Una cosa però deve cambiare: la richiesta di molti territori (e quindi dei decisori politici) di passare alle gare tout court deriva anche dal fatto che molti gestori (finanche monopolisti per un periodo storico) nulla hanno restituito ai territori su cui questi impianti insistono. Questo aspetto deve comunque necessariamente cambiare.

Frana Vajont 1960
Il lago del Vajont, con il segno dello scivolamento della frana del 1960
Diga delle Tre Gole
La Diga delle Tre Gole sul Fiume Azzurro in Cina genera circa 95 TW/anno su un bacino idrografico di oltre 1 milione km2

Menerva: Chiudiamo con uno sguardo internazionale. Celeberrima è la colossale Diga delle Tre Gole in Cina, ma il potenziale per progetti di grandi dimensioni probabilmente è esaurito.

Quali sono gli esempi di successo di progetti idroelettrici nel resto del mondo che potrebbero essere adottati o adattati in Italia?

Nel mondo oggi abbiamo realtà che stanno investendo pesantemente in grandi progetti, senza alcuna remora ambientalista o problematica autorizzatoria, Turchia e Cina in primis. Stanno come recuperando il tempo che per noi, per l’Europa c’è già stato a cavallo del secondo conflitto mondiale. 

Altri, come il Giappone o la Norvegia, in cui si sta investendo molto sulla tecnologia dei pompaggi e sul potenziamento degli impianti. 

Noi siamo ancora persi nel ginepraio normativo e nell’incertezza di cosa si vuole fare. Prima di pensare a grandi piani di sviluppo credo sia quanto mai necessario procedere a mettere Stato centrale, Regioni ed anche gestori intorno ad un tavolo e decidere una via comune da perseguire senza ledere la giusta autonomia reciproca. 

Ma se le gare per le concessioni non saranno indirizzate verso il potenziamento degli impianti e il rafforzamento del settore (che non vuole dire tornare al monopolista), speriamo almeno di salvaguardare l’esistente!

Menerva: Grazie mille Stefano, dove si può trovare la tua ricerca “Le prospettive future per il settore idroelettrico: Il gigante dimenticato tra le rinnovabili e l’asset strategico per la sicurezza energetica italiana ed europea”?

Aggravi: Grazie a Menerva, chi è interessato lo può trovare su Amazon!  

L'intervista di Menerva
L'intervista di Menerva
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