Le Isole Salomone sovrane del Pacifico

L’accordo di sicurezza fra Repubblica popolare e le Isole Salomone cambia le carte nella battaglia con gli Stati Uniti per il controllo del Pacifico

Tabella dei Contenuti

L'accordo Isole Salomone - Cina

Mentre il mondo guarda alle pianure insanguinate dell’Europa orientale, sull’altro lato del planisfero l’accordo fra il piccolo arcipelago delle Isole Salomone e la Cina svela quale sarà il campo di battaglia per decidere chi sarà il sovrano del Pacifico.

Anche qui, come in Ucraina, il valore strategico della contesa è rievocato dagli spettri della Seconda guerra mondiale, quando  l’arcipelago era stato lo scenario della feroce battaglia su terra e su mare di Guadalcanal, l’isola principale, fra l’esercito imperiale giapponese e le forze americane per il controllo di questo punto nevralgico del teatro orientale.

I giapponesi consideravano cruciale il controllo di questa area strategica dell’oceano perché sorvegliava le rotte di collegamento fra l’Asia, l’Australia e gli Stati Uniti e lo scontro fra le due flotte nelle acque vicino all’isola determinò l’esito della guerra.

Marines americani guadano il fiume Manitaku sulla costa di Guadalcanal nel 1943

L’accordo del 2017 e il riconoscimento diplomatico

Incontro fra Xi Jinping e il Primo Ministro Sogavare in occasione del riconoscimento diplomatico della Repubblica popolare

Nel luglio 2017, il primo ministro delle Isole Salomone, Manasseh Sogavare, e l’ambasciatore cinese, Hu Shan, hanno firmato nella capitale Honiara un accordo nell’ambito dell’ambizioso progetto One Belt-One Road, una sorta di Piano Marshall in salsa agrodolce che mirerebbe a stimolare lo sviluppo globale attraverso il finanziamento cinese di massicci investimenti in infrastrutture.

L’accordo fra Isole Salomone e Cina, fu suggellato dalla trionfale visita del Presidente Xi Jinping, con una grandiosa cerimonia tradizionale di benvenuto, bande musicali, danzatori in costume, ampollosi discorsi sulle relazioni storiche tra i due Paesi e l’impegno per lo sviluppo, strade gremite di sostenitori del governo.

Il Primo Ministro Sogavare ringraziò la Cina per il prestito e ha promise il sostegno delle Isole Salomone al progetto One Belt-One Road.

L’accordo prevedeva un prestito di 500 milioni di dollari per finanziare la costruzione di un grande molo nel porto della capitale per consentire l’attracco di grandi navi, l’allungamento della pista dell’aeroporto e un ponte che collega questi progetti. Inoltre, fu firmato un memorandum d’intesa sulla cooperazione in materia di tecnologia marittima.

 
 

 

 

La reazione della popolazione e delle opposizioni

Gli apparati di sicurezza australiani e occidentali ravvisarono in questa mossa un possibile tentativo occulto di ristrutturare le infrastrutture dell’isola principale in modo da essere in grado di ospitare in futuro, da un lato i caccia e i bombardieri strategici cinesi nell’aeroporto, e soprattutto navi militari nel porto di Honiara.

La reazione della popolazione locale all’accordo tra le Isole Salomone e la Cina è stata discorde. Da una parte i sostenitori concordano sui potenziali benefici economici che il progetto porterà, dall’altra i detrattori hanno sollevato preoccupazioni per l’influenza cinese nella regione.

Alcune figure di spicco dell’ opposizione, tra cui Matthew Wale, Job Tausinga e Alfred Sasako, hanno denunciato pubblicamente l’accordo per la mancanza di trasparenza e per la minaccia alla sovranità del paese.

Denunciarono che, i termini dell’accordo concedevano alle aziende cinesi il controllo di un milione di acri di terra, una vasta superficie che nascondeva progetti di sfruttamento delle risorse naturali.

Il timore è di ricadere in quello che gli analisi occidentali accusano essere la “trappola del debito” cinese, implementata nei paesi in via di sviluppo, per cui la Cina fornisce prestiti impossibili da rimborsare in cambio di una presenza geopolitica e concessioni sulle risorse naturali.

Evoluzione del riconoscimento di Taiwan. Salomone era una degli ultimi governi a riconoscere la Repubblica di Cina

La risposta australiana

Il 25 novembre 2021 la capitale delle Isole Salomone Honiara, in particolare la Chinatown e alcuni edifici nei pressi del Parliamento, sono stati dati dalle fiamme

In risposta all’accordo fra Isole Salomone e Cina, il governo australiano nel 2019 si  impegnò in una serie di misure che complessivamente stanziano un budget di 2,5 miliardi di dollari a favore delle Isole Salomone, sotto forma di sovvenzioni agevolate per una durata di sei anni, offrendo un pacchetto di assistenza economica in settori come la sanità, l’istruzione e la crescita economica sostenibile.

Non mancava però una componente militare: è previsto anche sostegno alla Royal Solomon Islands Police Force e il miglioramento congiunto della sorveglianza marittima alle frontiere.

Ciononostante, nel 2020, le Isole Salomone, che faceva parte del pugno di paesi ancora legati alla Repubblica di Cina, hanno tagliato i legami con Taiwan e hanno stabilito relazioni diplomatiche con la Repubblica popolare, indicatore del grado di successo dell’iniziativa economico-diplomatica di Pechino.

A seguito delle tensioni seguite a questa mossa diplomatica, il 24 novembre 2021 un gruppo denominato “Malaita for Democracy” ha iniziato delle proteste che sono velocemente degenerate in saccheggi, arrivando a bruciare edifici vicini al Parlamento.

Le forze di sicurezza australiana, in ottemperanza a un trattato bilaterale in vigore, sono intervenute per disperdere i manifestanti.

L'accordo di sicurezza del 2022

 

Nonostante le pressioni occidentali in senso contrario, a coronamento di questo lavorio, nel 2022 la Repubblica popolare ha annunciato che ha stretto un patto di sicurezza con le isole Salomone.

La Marina cinese potrà utilizzare i porti delle isole Salomone e le forze di sicurezza cinesi potranno pattugliare le sue strade, realisticamente per sostenere il governo che appoggia le operazioni cinesi sull’isola.

L’accordo fra Isole Salomone e Cina non sancisce la costruzione immediata di una base militare ma offre l’opzione di alloggiare  forze militari e di polizia per proteggere gli interessi cinesi.

Pechino ha affermato che il patto non si rivolge contro terzi e procede in parallelo all’attuale cooperazione bilaterale e multilaterale in materia di sicurezza delle Isole salomone.

L’amministrazione americana e i suoi alleati regionali hanno replicato con la visita del Segretario di stato Blinken nel febbraio 2022.

Blinken fu accompagnato da una  delegazione di funzionari statunitensi capeggiata dall’assistente del Segretario di Stato per affari dell’Asia orientale e del Pacifico e dal coordinatore del Consiglio nazionale per la sicurezza indo-pacifica, alle Figi, alla Papua Nuova Guinea e nelle isole Salomone.

La missione può essere considerata un corollario della visita di Nancy Pelosi a Taiwan nell’ambito di una ragnatela strategica volto a contrastare i tentativi cinesi.

I risvolti geopolitici dell'accordo fra Cina e Isole Salomone

Mappa che mostra il percorso delle vie della seta marittima
L'Oceano Pacifico meridionale è chiaramente un terminale designato per la Via della Seta marittima del 21° secolo

L’intervento diretto degli Stati Uniti è un salto di qualità inaudito nell’ultimo trentennio, perché con il collasso dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti avevano esternalizzato di fatto la politica regionale all’Australia, responsabile di tenere fuori potenziali avversari dal quadrante del Pacifico meridionale. A testimonianza di questo l’ambasciata americana nelle Isole salomone è stata chiusa nel 1993.  

La presenza cinese sull’isola si ramifica in rapporti con l’élite politica e imprenditoriale del paese, mentre una parte della popolazione ha protestato violentemente, distruggendo gran parte della Chinatown nella capitale Honiara, perché la crescente influenza economica cinese, pur apportando nuove risorse, ha destabilizzato il piccolo commercio, l’agricoltura e le attività tradizionali in mano ai nativi dell’isola.  

Come in altri progetti cinesi inseriti nella One-Belt One-Road, da un lato i cinesi si sono posizionati come partner importante nell’area e hanno acquisito maggiore influenza offrendo infrastrutture necessarie, risorse finanziarie e posti di lavoro in una economia negletta.

Dall’altro lato, in questi accordi spesso è previsto un uso esclusivo di risorse come depositi minerari e terreni agricoli che trasferiscono la ricchezza senza ridistribuirla (certo non una peculiarità solo degli investimenti cinesi però). Questi terreni, una volta ceduti, possono essere utilizzati per progetti economici ma anche per scopi militari.

La Grande scacchiera del Pacifico

L’investimento cinese del 2017 e l’accordo fra Isole Salomone e Cina del 2022 sono parte di un disegno geostrategico più ampio che mira a contrastare il dominio degli Stati Uniti nel Pacifico e a divincolarsi dalla strategia delle “catene di isole”, che limitano il raggio d’azione della flotta militare cinese.

Le isole Salomone furono oggetto di contesa durante il Secondo conflitto mondiale per via delle loro posizione: sono poste a cavallo di due terminali strategici, a 1700 km dalle basi navali sulla costa australiana e circa 3000 km da Guam, perno della “seconda catena di isole” contro la flotta cinese.  

Durante la guerra fredda, mantere lo scudo militare  che piega dal Giappone alle Isole Salomone, passando per Taiwan, le Filippine e la Papua Nuova Guinea è stato talmente prioritario da scatenare continue crisi geopolitiche. 

Ottenendo l’accesso al porto di Honiara, i cinesi potrebbero utilizzare la nazione insulare come punto di rifornimento e di supporto logistico per le operazioni aereonavali nell’area, consentendo di monitorare l’attività della Settima Flotta americana nell’intero Pacifico meridionale.  

Effettivamente la presenza di una base militare nelle Salomone potrebbe monitorare il passaggio di tutto naviglio americano e australiano nel triangolo strategico fra la Nuova Guinea, Guam e le Filippine, che sarebbe cruciale in un intervento a Taiwan. 

Posizione delle Isole Solomone, rispetto a Guam e Taiwan

Le ripercussioni su Taiwan

La base di Guam nelle isole Marianne ospita il comando del 15° Squadrone sottomarino e di molte unità delle Flotta americana del Pacifico

La presenza consente alla Cina di controbilanciare il controllo quasi esclusivo austro-americano della regione, poiché le Isole Salomone forniscono l’accesso a porti in acque profonde, ampliati con il precedente investimento del 2017 che dovrebbe essere completato durante il 2023.

Nell’ottica di una contesa su Taiwan, il controllo delle isola Salomone potrebbe dare all’Esercito di Liberazione popolare l’accesso ad informazioni strategiche e tattiche su Taiwan, attraverso strumenti di sorveglianza elettronica.

Gli stessi funzionari taiwanesi, hanno richiesto un aumento delle misure di sicurezza e un rafforzamento delle relazioni con le altre nazioni del Pacifico. La presidente taiwanese Tsai Ing-wen ha esortato la comunità internazionale a interessarsi maggiormente al Pacifico meridionale per evitare l’egemonia cinese sulla regione ed aprire un altro fronte della crisi di Taiwan.

In risposta alle manovre cinesi, gli americani e gli alleati regionali, in primis l’antico nemico giapponese che si sta pesantemente riarmando, stanno facendo le loro mosse: nel gennaio 2023, i Marines americani hanno annunciato la riapertura di una base per operazioni anfibie a Guam.

Curiosamente, sono gli stessi reparti che erano sbarcati a  Guadalcanal quasi un secolo fa ormai…

La voce di Menerva

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