Un cannone su Istanbul: l’inflazione

Il CHP vince le elezioni municipali

Tabella dei Contenuti

Le elezioni comunali del 2024 in Turchia si sono svolte in un contesto economico turbolento, gettando ombre sul partito di governo di Recep Tayyip Erdogan, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP). 

Con la nazione alle prese con una grave crisi del costo della vita, le elezioni non sono state solo una battaglia per il controllo delle amministrazioni locali, ma un referendum sulla governance dell’AKP, in particolare sulla sua gestione dell’economia

La battaglia strategica per Istanbul

Niente meno che Istanbul, la capitale economica e simbolica della Turchia, è emerso come il grande trofeo di queste elezioni.

Con un prodotto economico di circa 130 miliardi di euro, rappresentando il 30% del PIL complessivo della Turchia, la città è una potenza dell’industria e della raccolta fiscale. Il Comune di Istanbul, che governa oltre 16 milioni di persone, esercita un’influenza significativa su commercio, finanza e turismo. Il suo bilancio annuale di 16 miliardi di dollari e 40.000 dipendenti lo rendono un punto di controllo cruciale, che molti elettori hanno ritenuto non dovesse rimanere sotto il dominio dell’AKP. 

Un sentimento è guidato dalla paura che l’AKP avrebbe sfruttato le risorse di Istanbul per navigare fuori dal vicolo cieco finanziario, potenzialmente a spese della città.

Con il 38% della produzione industriale del Paese, Istanbul rappresenta la spina dorsale del settore manifatturiero e industriale turco. Inoltre, il 40% di tutte le imposte in Turchia viene riscosso da Istanbul, un gettito fiscale è fondamentale per il bilancio del Paese e per il finanziamento dei servizi pubblici in tutta la Turchia, rendendo il controllo del governo municipale di Istanbul una questione di interesse economico nazionale.

Le decisioni del governo cittadino possono avere implicazioni di vasta portata per le politiche e le priorità economiche nazionali. Questo immenso potere economico, unito alla statura simbolica di Istanbul, ha reso la battaglia per il suo controllo un’aspra contesa tra l’AKP di Erdogan e l’opposizione del CHP.
La Banca Centrale Turca e altre banche statali come Ziraat Bank, VakıfBank e Halkbank hanno la loro nuova sede presso l'Istanbul Financial Center (IFC) di Ataşehir.

La scommessa finanziaria di Erdogan

La lira turca ha subito una drammatica perdita di valore rispetto all'Euro

L’economia turca negli ultimi anni è stata un gioco d’azzardo ad alto rischio sotto la guida del presidente Recep Tayyip Erdogan. Dal 2021 la nazione è stata intrappolata in una crisi inflazionistica inarrestabile, che molti attribuiscono direttamente alle politiche economiche non ortodosse di Erdogan.

Contro ogni teoria economica, Erdogan ha a lungo sostenuto che l’abbassamento dei tassi d’interesse è la soluzione per combattere l’inflazione, una posizione che ha suscitato un notevole dibattito e preoccupazione tra gli economisti e l’opinione pubblica.

L’inflazione in Turchia ha raggiunto il picco dell’85% nell’ottobre 2022. Una crisi che non è emersa nel vuoto, ma è in parte il risultato dell’insistenza di Erdogan a perseguire una dubbia strategia.

Dopo la sua rielezione a giugno, Erdogan è sembrato riconoscere la necessità di un passaggio a politiche economiche più convenzionali, simbolicamente segnato dalla nomina di un ex economista di Merrill Lynch a Ministro delle Finanze e di un veterano di Goldman Sachs a Governatore della Banca Centrale.

Queste nomine hanno segnalato un allontanamento dalle strategie precedenti, come dimostra il successivo raddoppio dei tassi di interesse dall’8,5% al 15%, fino ad arrivare a 45% a gennaio.

Nonostante questi aggiustamenti aggressivi, il tasso di inflazione ufficiale è risalito al 67%, sottolineando la sfida persistente di stabilizzare l’economia turca. Il deprezzamento della lira turca – che ha perso il 40% del suo valore rispetto al dollaro nell’ultimo anno e quasi l’83% negli ultimi cinque anni – illustra ulteriormente la profondità della crisi economica.

Inflazione e opinione pubblica

La pressione inflazionistica ha gravato notevolmente sui cittadini turchi, erodendo il potere d’acquisto e aggravando la crisi del costo della vita. Sebbene l’amministrazione di Erdogan abbia raddoppiato il salario minimo del Paese nel tentativo di mitigare l’impatto, molti ritengono che questa mossa abbia solo alimentato ulteriormente l’inflazione. 

La discrepanza tra i tassi di inflazione ufficiali e l’inflazione sperimentata dai cittadini nella vita quotidiana è diventata un punto di contesa, evidenziando un divario tra i rapporti governativi e le realtà affrontate dai cittadini turchi.

Per molti elettori turchi, le elezioni sono state un referendum sulle politiche economiche di Erdogan. I problemi quotidiani legati ai prezzi elevati dei beni di prima necessità, uniti a salari che non sono riusciti a tenere il passo con l’inflazione, hanno creato un cuneo tra il partito al potere e la sua base. 

L’opposizione ha capitalizzato questo malcontento promettendo un ritorno a politiche economiche più ortodosse e affrontando le preoccupazioni immediate della popolazione, come il costo della vita e la sicurezza del lavoro.

La forte sconfitta a Istanbul è simbolica per Erdogan, che una volta ha osservato: “Chi vince Istanbul, vince la Turchia”. La città, essendo il centro economico della Turchia, è sempre stata vista come un microcosmo delle più ampie tendenze politiche ed economiche del Paese.

La vittoria dell’opposizione in questa città non solo mette in discussione la presa del potere da parte del Partito AK, ma suggerisce anche un desiderio di cambiamento da parte dell’elettorato, stanco dell’instabilità economica e alla ricerca di una nuova leadership per guidare il Paese.

Le implicazioni per il panorama politico turco

I faraonici progetti non redditizi come il ponte Yavuz Sultan Selim sono stati uno dei traini della crescita economica turca

Le elezioni hanno sottolineato l’urgente necessità di una riforma economica. Con l’opposizione che ora controlla importanti municipalità, sarà necessario dimostrare di essere in grado non solo di criticare le attuali politiche economiche, ma anche di attuare soluzioni efficaci per stabilizzare l’economia e migliorare il tenore di vita. 

Ciò potrebbe comportare la revisione delle politiche monetarie, il tentativo di attrarre investimenti esteri che erano stati alla base della crescita economica turca negli ultimi decenni e di affrontare le questioni strutturali che hanno contribuito alla crisi dell’inflazione.

La vittoria dell’opposizione può anche stimolare una discussione più ampia sulla governance e sulla democrazia in Turchia, rappresentando un’opportunità per rivitalizzare le istituzioni

Quello che è improbabile invece è che ci siano conseguenze nella politica estera della Turchia.

Sebbene i nuovi leader cittadini, futuri candidati alle presidenziali, potrebbero sostenere politiche che rafforzino i legami della Turchia con gli alleati occidentali, difficilmente il suo ruolo nei conflitti regionali cambierebbe.

Italia e Turchia sono avviluppate in un intricato rapporto di cooperazione e competizione, sopratutto nello scacchiere libico e nel Mediterraneo orientale, dove Ankara ha sostituito la storica presenza italiana nelle ex-colonie con la sua influenza militare ed economica.

Mentre la Sublime Porta attraversa un periodo di turbolenze, gli occhi del mondo saranno attenti a vedere come questi cambiamenti influiranno sulla sua traiettoria, sia a livello nazionale che internazionale.

La Voce di Menerva
La Voce di Menerva
it_ITItaliano