Il modello tedesco in crisi?

Il caso Volkswagen come esempio della crisi dell’automotive

L’industria automobilistica tedesca è uno dei maggiori datori di lavoro al mondo e dà lavoro a circa 860.000 persone, rappresenta il cinque per cento del PIL tedesco e nel 2021 ha prodotto oltre 15,6 milioni di veicoli.

15 dei 75 principali produttori di automobili al mondo sono aziende tedesche: è il motore dell’economia europea e le sue catene di fornitura si allungano in tutto il continente dalla penisola iberica alla Polonia, passando per l’Italia settentrionale.

Le aziende tedesche nei decenni si sono specializzate nella produzione di veicoli di lusso e di alta qualità, diventando l’emblema del “Made in Germany”. Nubi oscure si stagliano però all’orizzonte.

Dall’inizio della crisi ucraina la potenza dell’automotive tedesca si sta velocemente sgretolando sotto i colpi di una dolorosa crisi energetica. Il simbolo di questa crisi sono gli scontri interni alla più grande casa automobilistica europea, Volkswagen, per decidere se e in che modo spostare la produzione dall’Europa centro-orientale.

Ora arriva però un’altro annuncio: Volskwagen potrebbe chiudere inusitatamente una fabbrica in Germania

VW factory
Sede storica della Wolkswagen a Wolfsburg nella Bassa Sassonia, cuore industriale della Germania orientale. Impiega circa 52.000 dipendenti

L'inizio del terremoto: la crisi energetica dell’Europa centro-orientale

Stabilimento Volkswagen a Bratislava, in Slovacchia. Impiega circa 11.000 dipendenti, senza l'indotto

Volkswagen ha importanti stabilimenti in Germania, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia, avendo acquisito negli anni ’90 il marchio Skoda e il marchio di lusso Audi. 

Sono paesi la cui competività, oltre al basso costo della manodopera qualificata dipende fortamente dal gas russo a buon mercato. Quello che è stato il segreto del meccano europeo dell’auto, il basso prezzo dell’energia, con la guerra in Ucraina è diventata la sua croce.

Volkswagen ha dichiarato che dovrebbe essere in grado di mantenere la produzione sul suolo tedesco nei prossimi cinque – sei mesi se la Germania continuerà a riempire le sue riserve di gas, ma nello scenario a medio termine, l’aumento strutturale dei prezzi dell’energia e l’instabilità delle reti di approvvigionamento rappresentano un rischio per la produzione globale.

Nel 2023, era ipotizzato uno spostamento della manifattura di Volkswagen avrebbe enormi ricadute economiche, non solo nell’Europa dell’Est, che dopo la caduta del muro ha basato l’aumento del reddito sugli investimenti stranieri, ma anche per la Germania, dove l’azienda ha circa 295.000 dipendenti con contratti di lavoro  ben remunerati.

Se ad essere colpite saranno le fabbriche tedesche, la questione diventa di rilevanza sistemica per tutto il sistema produttivo tedesco dove le “Mittelstand” specializzate vivono delle commesse dei grandi gruppi.

Il sistema di governance aziendale tedesco che prevede la compartecipazione dei sindacati ed ha assicurato per decenni un compromesso al rialzo fra salari e produttività. Nel Consiglio di vigilanza di Volkswagen, composto da 20 membri, sono seduti per la metà  rappresentanti dei lavoratori che potrebbero negare il via libera alla chiusura di interi stabilimenti.

“Il consiglio di amministrazione ha presentato un piano irresponsabile che scuote le fondamenta stesse della Volkswagen, minacciando in modo massiccio i posti di lavoro e le sedi”, ha dichiarato in un comunicato il capo negoziatore dell’IG Metall Thorsten Groeger all’annuncio del piano industriale del gruppo nel 2024.

I paesi dell’Europa dell’Est come la Polonia, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, l’Ungheria e la Romania sono meno minacciati da chiusure, sia per ragioni logistiche che di costi, mentre la Germania – come l’Italia e la Francia – potrebbero essere colpite dalle chiusure.

"Per una società come la Germania, che dipende dall'energia e dalle materie prime russe... se si immagina uno scenario in cui si interrompessero le relazioni commerciali con la Russia, cosa che probabilmente dovremo fare se questo conflitto [non cessa], non si potrebbe più acquistare energia e questo porterebbe a una situazione che potrebbe avere un impatto considerevole sull'Europa e sulla Germania".

Un'auto sul mare?

Mappa della possibile strategia globale Volkswagen in Europa

Nel caso di delocalizzazioni, a trarre vantaggio da questo potenziale esodo sarebbero i Paesi dell’Europa sudoccidentale o i paesi delle aree costiere dell’Europa settentrionale come Portogallo, Spagna e Belgio in cui Volkswagen gestisce già impianti produttivi.

Questi paesi ospitano terminali di gas naturale liquefatto e non sono particolarmente dipendenti dalle importazioni russe, fattore che li rende più attrattivi per le aziende che cercano di spostare la produzione lontano dall’Europa dell’Est.

Tuttavia, un cambiamento drastico nella struttura della produzione è molto complesso e presenta diverse criticità:  in generale Volkswagen può ristrutturare la produzione, ma contenere i costi è complesso.  

Se la produzione di numero di veicoli sarà spostata fuori dalla Germania, sarà un grosso colpo per la reputazione del paese come leader mondiale dell’automobile e del “Made in Germany”

Spostare le fabbriche significa deprimere l’economia e generare un malcontento, che probabilmente, nei paesi in cui le fabbriche verrebbero chiuse potrebbe ripercuotersi sulle vendite, già colpite dalla chiusura del mercato russo e dalla contrazione di quello cinese iniziata dal post-Covid e dell’incertezza economica conseguente.

Competizione globale e materie prime

In uno scenario globale, in cui le manifatture tedesche devono competere con produttori cinesi e americani, il gas naturale liquefatto è una alternativa concreta ma farebbe comunque lievitare i costi.

Il GNL è molto più costoso del gas che la Russia forniva attraverso i gasdotti North Stream e quelli che attraversano Bielorussia e Ucraina per alimentare la capacità produttiva della cosiddetta “Mitteleuropa”.

Basare l’approvvigionamento energetico delle fabbriche d’auto, molto energivore, sul gas naturale liquefatto potrebbe  non essere competitivo a lungo  termine, dato che dovranno competere con le aziende cinesi che utilizzano il gas trasportato dal “Power of Siberia” a una frazione del costo e alle società americane che possono beneficiare delle risorse interne e canadesi ottenute con la tecnica del fracking.

Mantenere le fabbriche in Germania, utilizzando questa tecnologia, significherebbe che per soddisfare l’aumento della domanda di GNL, è necessario costruire più impianti per la produzione di GNL, navi per il trasporto, terminali per riceverlo, trasformarlo e costruire reti per il trasporto. Un’operazione che richiede diversi anni di pianificazione e sviluppo, oltre ad ingenti finanziamenti per la costruzione.

 

I gasdotti Yamal, Soyuz e Nord Stream erano la spina dorsale del sistema produttivo mitteleuropeo
La chimica tedesca è in grave difficoltà per l'aumento dei costi dell'energia e si potrebbe ripercuotere in molte filiere

Le alternative a breve termine, come il carbone, vanno inevitabilmente a scontrarsi con la stringente legislazione europea sul cambiamento climatico, con notevoli difficoltà burocratiche e resistenze della pubblica opinione più sensibile al tema, in particolare in Germania.  

Non è solamente il fattore energetico a colpire la supply chain dell’industria automobilistica, ma più in generale l’aumento dei costi delle materie prime, la cui estrazione e produzione a sua volta è condizionata dall’aumento dei prezzi dell’energia, e la relativa scarsità dei componenti potrebbe colpire fortemente la filiera, dal prezzo dell’acciaio e del platino necessari per le unità di scarico, alle plastiche.  

Il colosso della chimica BASF ha in alcuni casi interrotto la produzione di componenti cruciali, dato che non possibile assemblare veicoli senza plastica e prodotti chimici specializzati.

Le filiere produttive tedesche si estendono su molti paesi dell’Unione, per cui la salute dell’economia teutonica, che viceversa è il primo mercato di sbocco per molti produttori dato il suo potere d’acquisto, si ripecuote in un feedback loop sui suoi fornitori.

Tipicamente i paesi dell’Est Europa e la penisola iberica, entrati gradualmente nell’Unione economica, per via di una combinazione di bassi salari ma alta produttività dovuta all’elevata scolarizzazione, sono le regioni di insediamento produttivo privilegiato. 

Il sistema francese è partner industriale in settori ad alta intensità di capitale e tecnologia come trasporti ed energia, mentre le aree di fornitura della componentistica sono quelle di più elevata simbiosi industriale e culturale (Mitteleuropa, Italia settentrionale)

Ogni scossone dell’economia tedesca si ripercuote lungo le diverse filiere del meccano industriale esteso per tutto il continente.

Le aree di penetrazione del sistema economico tedesco

Il gigante cinese: da mercato a concorrente

German cars China
Fino alla pandemia Volkswagen era il leader indiscusso nelle vendite di fascia medio-alta in Cina per una nascente classe media

La Cina è rapidamente emersa come leader mondiale nel settore dei veicoli elettrici (EV), sia in termini di produzione che di quota di mercato. Gruppi come BYD, NIO e Geely hanno ormai superato nelle vendite in alcune aree del mondo dei giganti occidentali come Tesla e Volkswagen e si stanno affacciando in Europa

I produttori cinesi beneficiano di diversi vantaggi strategici, tra cui il forte sostegno governativo attraverso massicci sussidi alle vendite, una manodopera relativo a basso costo unita ad una implementazione della robotica e la presenza della filiera elettronica, che li rende altamente competitivi sia in Cina che nei mercati internazionali.

I produttori cinesi non si accontentano di dominare il mercato interno; abbracciando la strategia “Go Global” si stanno espandendo aggressivamente in Europa, Sud-est asiatico e negli Stati Uniti, nell’ambito di una strategia più ampia per posizionare la Cina come leader della prossima generazione di tecnologie automobilistiche.

L’ascesa dei produttori cinesi rappresenta una sfida significativa, se non esistenziale, per i costruttori automobilistici occidentali, che si trovano ora a dover competere non solo sul prezzo, ma anche sull’innovazione tecnologica e sull’efficienza produttiva. 

Volkswagen, che ha avviato un piano di riduzione dei costi da 10 miliardi di euro alla fine dello scorso anno, sta perdendo quote di mercato in Cina, il suo mercato più grande. Nella prima metà dell’anno, le consegne ai clienti sono diminuite del 7% rispetto allo stesso periodo del 2023. L’utile operativo del gruppo è sceso dell’11,4%, raggiungendo i 10,1 miliardi di euro.

Le auto elettriche hanno molte meno componenti di quelle a motore termico, quindi il sofisticato know-how accumulato in Europa per mezzo secolo è irrilevante, e sta prendendo piede la tendenza a costruire automobili sempre più high-tech, in cui la stessa piattaforma produttiva che crea telefoni, laptop e apparecchi informatici di alta qualità si sta convertendo all’industria automobilistica.

I marchi cinesi stanno guadagnando quote di mercato importanti in regioni chiave, erodendo il predominio dei marchi occidentali, e continuano a innovare, mettendo sotto pressione le aziende occidentali affinché taglino i costi e accelerino i propri sforzi di R&S.

Con la chiusura del mercato russo, l’innalzamento dei dazi da parte degli Stati Uniti, la competizione selvaggia nel mercato cinese, le tre destinazioni di export tradizionali per l’automotive tedesco fuori dall’Europa, combinate alle regolamentazioni ambientali in Europa e alla prospettiva di una lunga crisi economica nel Vecchio Continente una tenaglia potrebbe chiudersi anche per la chiave di volta per l’economia europea. Anche la Germania, ora, naviga a vista.

 “L'industria automobilistica europea si trova in una situazione molto difficile e seria. Il contesto economico è diventato ancora più difficile e nuovi concorrenti stanno entrando nel mercato europeo. La Germania, in particolare, come luogo di produzione, sta perdendo terreno in termini di competitività.

La Voce di Menerva

La Voce di Menerva

it_ITItaliano