Elisabetta d’Arabia

L’eredità dell’Impero britannico in Medio Oriente

Il mondo di Elisabetta

La Regina Elisabetta con i leaders del Commonwealth nel 1960

Quando la regina Elisabetta II si è spenta alla veneranda età di 96 anni, il mondo intero è accorso al suo funerale. Il suo regno ha attraversato le trasformazioni della decolonizzazione e la riduzione della Gran Bretagna al rango di potenza di secondo ordine.  

Poche voci di dissenso sul suo ruolo storico sono sollevate perché nei decenni la regina aveva cementato l’immagine di una leadership sobria che aveva saputo accomodare le esigenze della modernità con il prestigio della monarchia. Fra i tanti governanti che si sono assiepati per portare omaggio al feretro della regina deceduta alcuni di essi devono alla famiglia reale e alla regina stessa, molto di più di altri.

L’eredità dell’impero britannico ha modellato il mondo contemporaneo, tracciando confini, definendo la lingua franca di comunicazione, portando modelli giuridici ed educativi, ma ha anche creato dinastie.

Quando la regina al trono nel lontano 1952, la Gran Bretagna, uscita semidistrutta dai bombardamenti tedeschi durante la Seconda guerra mondiale, aveva perso cinque anni prima il gioiello della Corona, l’India, ancora conservava una determinante influenza in molte aree del suo ex impero coloniale.

L’Impero britannico che avevano retto i suoi predecessori, all’apice della sua espansione,fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, era molto diverso: anzitutto era alimentato dal vapore e dal carbone, dominato dall’industria tessile e siderurgica, che aveva bisogno della manodopera indiana, delle miniere sudafricane, del cotone degli stati americani.

Il Medio Oriente al centro del gioco

Oggi come allora, i giacimenti più ricchi e accessibili per alimentare l’economia globale si trovano in una regione letteralmente plasmata dall’impero britannico, il Medio e Vicino oriente, in quegli anni governato da monarchie nate sotto l’ombrello britannico sulle ceneri dell’Impero ottomano.

L’economia disastrata dalla guerra e le richieste politiche della popolazione per costituire un robusto welfare state, non permettevano più il dispiegamento in forze del suo esercito d’oltremare e della Royal Navy per esercitare la sua influenza su quelle aree altamente strategiche nella competizione globale con i paesi socialisti.  

Se l’esercito inglese si era ritirato dalle sabbie dei deserti mediorientali, è stata proprio la monarchia in quella fase a mantenere i legami con gli stati del Golfo persico e le monarchie regionali, anche dopo la fine dell’Impero, che in quelle zone si dispiegava nell’ “indirect rule” sotto forma di protettorati.   

Nel corso del suo regno il suo potere è andato scemando nella regione, in un periodo di difficile decolonizzazione ma in cui la monarchia ha giocato un ruolo più importante del solito. La nuova regina fu messe immediatamente alla prova dalle crisi che scuotevano l’Impero nella sua regione più calda.

Un sergente del Corpo di Polizia Militare abbassa la Union Jack durante la cerimonia di consegna formale della Cittadella del Cairo al controllo locale. Questa cerimonia fu il primo passo verso la fine del dominio britannico in Egitto.

Le crisi nei primi anni del regno

La marcia sacra su cui insiste la nazione araba ci porterà avanti da una vittoria all'altra... la bandiera della libertà che oggi sventola su Baghdad sventolerà su Amman e Riyadh. Sì, la bandiera della libertà che oggi sventola sul Cairo, su Damasco e su Baghdad sventolerà sul resto del Medio Oriente.

Manifestazioni popolari a sostegno della nazionalizzazione del petrolio del governo Mossadeq

Nel luglio del 1952, qualche mese dopo la sua ascesa al trono, la monarchia egiziana e sudanese di Faruq I viene rovesciata dal colpo di stato militare dei “Liberi ufficiali” guidati da Gamal Abd el-Nasser. Durante la guerra il paese restò formalmente neutrale, ma fu costretto alla fine del conflitto a dichiarare guerra alle potenze dell’Asse, rimarcando quindi il legame con l’Impero britannico.

Un anno dopo la sua ascesa al trono, nel 1953, in Iran, paese mai formalmente annesso ma dall’Ottocento parte della sua sfera d’influenza, fu rovesciato il Primo ministro Mohammed Mossadeq e poi processato al tribunale militare di Teheran per la sua decisione di nazionalizzare l’industria petrolifera iraniana, ancora controllata dalle major anglosassone degli idrocarburi. Era il periodo delle “Sette Sorelle”.  

Il colpo di stato fu ovviamente intessuto da molteplici attori con supporto su diverse sponde dell’Atlantico per mantenere il monopolio occidentale delle risorse e per contrastare l’influenza sovietica nel paese in un periodo di altissima tensione geopolitica (in quegli anni si combatte la Guerra di Corea, nel 1956 i sovietici mandavano i carri armati in Ungheria), ma contribuì a legittimare lo Scià di Persia presso le opinioni pubbliche  qualche anno dopo, nel 1959, quando lo ricevette come ospite ufficiale a corte.  

 

L’influenza della famiglia reale inglese come fattore della politica estera britannica è stata fondamentale e trasversale per sostenere i regni che governavano l’Egitto, l’Iraq, la Giordania e gli Emirati del Golfo.

L’attuale dinastia regnante giordana, gli Hashemiti, in realtà è una famiglia che proveniva dalla penisola arabica e lanciò la rivolta delle popolazioni locali contro l’Impero Ottomano durante la Prima Guerra Mondiale, godendo dell’appoggio della Gran Bretagna, con la promessa di uno stato arabo che abbracciasse l’intero Medio oriente britannico.

In realtà,  Abdullah I, ricevette solamente la Giordania, una striscia di deserto fra il Mar Morto e l’Arabia saudita, popolata prevalentemente da beduini nomadi e priva di significative risorse. La Giordania diventava indipendente ma con una profonda influenza culturale, economica e politica inglese, da cui ereditò una burocrazia in stile britannico e i costumi delle élites.

Entrambe le monarchie subirono l’ira del nazionalismo arabo che esplose dopo la Seconda guerra mondiale: Abdullah fu assassinato da un nazionalista palestinese, poco prima dell’incoronazione di Elisabetta nel 1951, mentre il re iracheno Faisal II fu ucciso in un sanguinoso colpo di Stato nel 1958 che portò al potere gli ufficiali baathisti panarabi sulla scorta di quanto avvenuto in Egitto e in Siria.

La "soluzione di Sharifian", illustrata in una mappa presentata da T. E. Lawrence al Comitato Orientale del Gabinetto di Guerra nel novembre 1918

Legami permanenti

La dinastia hashemita. I figli di Hussein: Ali, Abdullah e Faisal, a metà degli anni '20. Da notare il melange fra abbigliamento tradizionale arabo e stile europeo

Nonostante il lungo regno di Elisabetta abbia visto la maggior parte del Medio Oriente allontanarsi dal dominio di Londra, una manciata di monarchie di creazione britannica sopravvive ancora, viste spesso come bastioni di stabilità in una regione in costante conflitto.

Alcune di queste hanno vacillato quando i tumulti della cosiddetta “primavera araba” sono scoppiati una decina di anni fa, ma le proteste non hanno travolto le monarchie ereditarie bensì prevalentemente le Repubbliche arabe come la Libia, l’Egitto, la Tunisia, la Siria, dove si sono scatenate guerre civili o cambiamenti di governo, permanenti o temporanei.

 Nonostante i giorni dello sfarzo imperiale e delle cannoniere appartengano al passato, i legami emotivi ed economici della regione con la Gran Bretagna sono profondi e hanno un notevole impatto sul ruolo di Londra come capitale finanziaria e culturale del globo.

Lo skyline dei Londra è stato rimodellato dai progetti di real estate in cui hanno investito i fondi sovrani arabi e i gestori dei patrimoni reali delle monarchie, contribuendo all’esplosione dei valori immobiliari nei quartieri alla moda della città.

I rampolli delle schiatte reali di tutto il Medio Oriente vengono inviati a studiare nelle università britanniche che rafforzano il loro status sociale in patria e in cambio versano milioni di sterline nelle casse delle accademie del Regno Unito, finanziamenti ancor più vitali da quando non hanno più accesso ai fondi europei per la ricerca dopo la Brexit. Emiri, sultani e Re per accreditarsi come capi delle rispettive forze armate frequentano ancora la Royal Military Academy di Sandhurst.

 La Premier League mantiene il suo status di campionato più bello del mondo, non solo per la competitività agonistica dei suoi calciatori e la passione dei tifosi inglesi, ma grazie ai miliardi di sterline che permettono alle squadre di comprare i grandi campioni. 

In definitiva un rapporto di riconoscenza e reciproco vantaggio, laddove da un lato mantenere i legami con Londra ha permesso alle élites delle ex colonie di entrare nel salotto buono della globalizzazione, di proteggere i propri regimi con le armi occidentali e di trovare investimenti profittevoli per le rendite petrolifere, dall’altro la Gran Bretagna ha potuto conservare la sua centralità sulla scena finanziaria globale, accedere a fonti di energia a basso costo attraverso i suoi colossi energetici e il suo prestigio geopolitico anche dopo la traumatica fine del suo impero coloniale.

La famiglia reale britannica ha svolto un ruolo essenziale stabilendo relazioni personali che superano quelle degli stessi paesi parte del Commonwealth. In realtà Elisabetta ha fatto molto di più: ha dato un mito da imitare per regni arabi dai confini inventati, fondati da capi tribù locali e senza legittimità dinastica o religiosa data dalla discendenza da Maometto o da qualche antico impero islamico.  

The Shard è stato finanziato dalla famiglia reale quatarina subentrando a investitori occidentali
La voce di Menerva

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